Sei uno scrittore esperto o un principiante?

In I miei Editoriali, Timbro e firma by Hagar Lane

Se vuoi ascoltare la risposta, fai click sull’immagine a lato.
Purtroppo per gli scrittori principianti il loro riconoscimento è pressoché immediato, giacché i segnali che li distinguono dagli autori esperti sono molti. Cerco di elencarli qui di seguito, e certamente non sarò esaustiva.

Prima, però, è bene specificare una cosa importante: molte volte illustri case editrici di tutti i Paesi hanno rifiutato romanzi che sono poi diventati dei best seller mondiali. Molte volte hanno inviato agli scrittori delle risposte di rifiuto orrende: accusandoli di non saper scrivere, quando non consigliando loro di cambiare mestiere, dimostrando di essere – le case editrici, non gli scrittori – delle vere e proprie “capre”, direbbe Sgarbi. Inserisco solo un link al riguardo, dove si possono leggere alcune risposte di rifiuto scritte da grosse case editrici a veri e propri capolavori:

Le lettere di rifiuto a 11 grandi scrittori – Il Post

Questo per dire che non è il giudizio di questa o quella casa editrice che conta per stabilire se uno scrittore è un principiante o meno nella scrittura. Aggiungo che uno scrittore può scrivere un’opera prima che è un capolavoro, perché non conta il numero di libri che ha scritto per decidere se è principiante o meno. Di contro, esistono scrittori che hanno all’attivo molti romanzi, ma restano dei principianti, e non ne sono nemmeno consapevoli.

Andiamo ora al mio personalissimo elenco in risposta alla tua domanda.

  1. Conoscenza della lingua. È principiante lo scrittore che fa errori grossolani e frequenti nell’uso della lingua italiana, perché un lettore li sanziona pesantemente, provando un senso di fastidio che lo porta a non proseguire la lettura del libro. Potrebbero essere delle sviste? NO! Uno scrittore professionista rilegge e corregge il proprio libro così tante volte da conoscerlo praticamente a memoria. Non sto esagerando, sia chiaro. Io conosco il romanzo che ho scritto a memoria per quante volte l’ho letto e corretto (quasi 400 pagine).
  2. Voce narrante. È principiante lo scrittore che non usa la voce narrante come si deve. La voce narrante deve diventare quasi un sottofondo a una ben precisa frequenza, anche quando esprime concetti molto forti. Non dev’essere giudicante, egoica, narcisista, suggerente emozioni e sentimenti, anticipatrice di fatti, men che mai deve esprimere una propria personalità, addirittura prepotente nella storia. Mi riferisco al caso della voce narrante onnisciente, ovviamente, e non a quella relativa al punto di vista di uno dei personaggi del romanzo. Basta questo? Assolutamente no! La voce narrante deve mostrare di conoscere alla perfezione i luoghi e il periodo storico nei quali è ambientato il romanzo, senza commettere strafalcioni, nemmeno nei dettagli. Perché? Perché il lettore colto, che conosce quei luoghi e/o quei tempi storici, coglie immediatamente detti errori o, peggio ancora, la superficialità dello scrittore che mostra di conoscerli poco e male, e non perdona (leggi: butta via il libro). E il lettore meno colto? Idem, ma per un motivo diverso. Perché nel suo inconscio, come tutti noi, è onnisciente, pertanto d’istinto avvertirà qualcosa stridere fortemente, non si sentirà catapultato nel mondo del romanzo, e interromperà anche lui la lettura. Poiché la voce narrante è presente dalla prima all’ultima pagina del libro, è evidente che i segnali che trasmette sulle capacità dello scrittore sono tantissimi, per come ho cercato di descrivere in questo punto.
  3. Psicologia e utilizzo del linguaggio corporale. I personaggi devono avere delle personalità ben evidenti, ma non descritte come “Paolo era molto educato, ordinato, riservato, etc”. La personalità deve trapelare da ogni parola che dice e, ancor più, dai gesti che fa e dalle azioni che compie. Ecco che appare subito dalla scrittura, nel momento in cui si leggono i dialoghi, se lo scrittore ha una forte conoscenza della psicologia umana e del linguaggio corporale, nonché della simbologia, che rappresenta una sorta di linguaggio corporale dei luoghi, e che non può mancare.
  4. I tempi. Una storia ha dei tempi da rispettare, come un’opera musicale, teatrale o cinematografica. L’apertura, il corpo centrale della storia (suddivisibile a sua volta in due tempi) e la parte finale. È importante rispettare i tempi della storia, che istintivamente, se rispettati, si traducono in percentuali di pagine usate per l’inizio del romanzo, il corpo e la fine. Il principiante non rispetta i tempi e, quando accade, si vede subito, perché corre troppo all’inizio, o perché vuole anticipare la trama, o perché si perde nel passato, o per mille altri motivi, ma sbaglia i tempi della scrittura e si vede.
  5. I buchi. Il principiante quasi sempre non si accorge di aver scritto un romanzo pieno di buchi, nella trama e/o nei personaggi. Da tante cose per scontate, e davvero non si rende conto che mancano dei pezzi nel romanzo, e che il lettore coglie immediatamente perché semplicemente non è nella testa dello scrittore.
  6. I luoghi. Il principiante, se e quando descrive le scene, non le riempie di anima, di simboli. Per il principiante, cioè, le ambientazioni sono un male necessario, e sempre le descrive in modo asettico, come non servissero a niente. Più spesso non descrive proprio le scene, per cui gran parte dell’ambientazione è solo nella sua testa, ma non presente anche nel libro. Il principiante non capisce che le scene di ogni capitolo sono dei “personaggi” importantissimi, che silenziosamente ci narrano il “non detto” dei personaggi e persino della trama.
  7. Linguaggio. Esistono scrittori che usano un linguaggio troppo forbito perché molto colti (che non significa essere anche bravi scrittori), altri scimmiottano il linguaggio di autori famosi, altri ancora usano un linguaggio arcaico e poetico che fa rabbrividire, prendendo spunto da capolavori del passato che non sono più attuali nello stile, e scrivono cose del tipo: “Il blu cielo d’Agosto” o “Il tiepido giallo sole mattutino non si faceva cercare in un limpido cielo scevro di nubi”. Insomma, ci siamo capiti. Agisce così una persona che magari è coltissima, che ha letto migliaia di capolavori del passato, ma che lì è rimasta inchiodata, anziché usare un linguaggio fresco, moderno, originale e fortemente vicino al modo di parlare delle persone, che non è quello di cui sopra, se non quando si leggono o scrivono poesie. Ecco, anche il linguaggio mostra molto dello scrittore.
  8. Il respiro. Quando si legge un libro la lingua non deve mai “incepparsi”. La lettura dev’essere fluida (usare ad arte i sinonimi per ottenere ciò) e il respiro non dev’essere mai forzato. Il principiante spesso non scrive i paragrafi rispettando il ritmo naturale del respiro. Basta leggere a voce alta un romanzo per capire, paragrafo per paragrafo, come posizionare a dovere la punteggiatura. A tal riguardo una frase di Oscar Wilde spiega meglio di mille parole il concetto. Oscar Wilde disse una volta: “Ho passato tutta la mattina ad aggiungere una virgola, e nel pomeriggio l’ho tolta”.

Questi punti coprono già un buon 70% degli indizi utili a riconoscere, per me, uno scrittore principiante da un professionista.