Incipit o Estratto?

In I miei Editoriali, Timbro e firma by Hagar Lane

Immagino la scena di un vecchio film che potrebbe scorrermi davanti agli occhi.

Un famoso editore di mezza età, grassoccio e quasi calvo, è seduto dietro la sua scrivania, che è zeppa di scartoffie. Entra qualcuno e gli consegna un manoscritto di un certo J. D. Salinger. L’editore, nuovamente solo, inforca gli occhiali e fissa per qualche istante il frontespizio del romanzo, poi ne legge il primo capitolo. All’improvviso si ferma, sfoglia velocemente il plico e riprende a leggere in un punto a caso. Dopo qualche minuto eccolo nuovamente sfogliare velocemente il romanzo, e poi ancora intento a leggere altre pagine. Così fa’ per cinque o sei volte, finché giunge al capitolo finale del romanzo, che legge per intero. Poggia il manoscritto sulla scrivania, si toglie lentamente gli occhiali e appoggia la schiena sullo schienale della poltrona tirando un lungo respiro. Fissa a lungo il vuoto, e d’un tratto afferra la cornetta del telefono e preme un tasto sulla tastiera. Qualcuno dall’altra parte risponde, e lui, riportando gli occhi sul frontespizio del manoscritto, dice: “Chiama lo scrittore J. D. Salinger. Fissami un incontro con lui per domani mattina, alle otto in punto”.

Fine della scena.

Oggi tutto il mondo chiede di leggere l’incipit per valutare un’opera, sostenendo che basti e avanzi. Persino Amazon carica come “estratto” dei libri presenti nel suo store l’incipit.

L’incipit è sì un estratto, ma un estratto non è necessariamente l’incipit. La differenza fra incipit ed estratto è, quindi, sostanziale. Amazon dovrebbe scrivere “Leggi l’incipit”, e non “Leggi l’estratto”. Chiaramente l’estratto dovrebbe essere scelto dall’autore, ma questo non è possibile. L’esigenza di automatizzare i processi porta a distorcere sempre più il significato delle parole e delle azioni, sicché l’estratto diventa sempre più l’incipit, per semplificare gli automatismi di processo, ma non è l’incipit e non dovrebbe esserlo. 

Valutare un libro dall’incipit vuol dire molte cose. E’ voler valutare una casa guardandone la porta, che certamente è importante, ma come può da sola dirti tutto della casa che nasconde dietro sé? Valutare un libro leggendo l’incipit significa che un romanzo è come un aereo che arriva ad alta quota un istante dopo che sali a bordo, senza più la necessità di decollare prima.

Valutare un libro dall’incipit significa, detto in modo più rigoroso, chiedere inconsciamente all’autore di non rispettare più la regola della “Struttura in tre atti” tipica dei buoni romanzi, ma saltarla a piè pari (Beginning) e partire sparati con l’Incident. Se sarai valutato esclusivamente dall’incipit, per forza di cose dovrai saltare la fase del Beginning (fase di decollo), perché è evidente che l’incipit, preso da solo è, fra tutte le fasi riportate sotto, quella meno significativa per valutare un romanzo.

Il motivo è presto detto: l’incipit sono le prime pagine e che descrivono una situazione di vita passata prima che bruscamente venga interrotta dal sopraggiungere di un evento dirompente (l’incident). Da quel momento in poi tutto lo scenario può essere radicalmente diverso dall’incipit, ma il valutatore questo non lo saprà mai, perché si è fermato all’incipit.

Perché l’Incipit inteso come Beginning e non come Incident è praticamente sempre più rifiutato dagli editori italiani? Perché gli editori si sono tarati sulla struttura dei thriller, che quasi sempre saltano la fase di Beginning e partono sparati con l’Incident. Ma per tutti gli altri generi letterari eliminare la fase 1 dell’Atto Primo di un romanzo equivale, secondo me, a bestemmiare.

Togli la fase di Beginning a “Harry Potter e la pietra filosofale” o a “Lo Hobbit” e avrai rovinato due fra i più grandi capolavori fantasy di tutti i tempi.

Cosa consiglio? Ovviamente di rispettare la struttura in tre atti quando si scrive un romanzo, e pazienza se qualcuno o tutti storceranno il naso leggendo il Beginning, siano essi lettori o editori/agenti letterari. Come dire: se c’è tanta maleducazione in giro… non è un buon motivo per fare anche noi i maleducati.