Come avere successo se apro una libreria?

In I miei Editoriali, Timbro e firma by Hagar Lane

Questo post lo inserisco volutamente nella categoria “Scrivere”, oltre che in Quor di Hagar. Il motivo? Perché voglio che ispiri forza agli scrittori indipendenti che mi leggono, oltre che ai librai che dovessero incrociare le mie parole, qui o su Quora. Deve ispirare la creazione di un nuovo modello di business legato alle librerie, per non dire che è tempo di ripensare le librerie da zero, trasformandole in luoghi LIBERI, di meravigliosa aggregazione sociale e culturale, e Dio solo sa quanto ce ne sia bisogno oggi, nei paesi come nelle città. Librerie come piazze d’incontro per i protagonisti della scrittura, dagli scrittori agli editors, dagli agenti letterari ai grafici, e ancora… dai traduttori ai giornalisti e persino ai critici letterari. E… ai lettori, naturalmente. Librerie LIBERE, dove la figura del libraio diviene un misto fra il libraio di una volta, grande selezionatore e conoscitore della merce che espone e vende nella sua bottega, e un barista, ma anche un organizzatore di eventi, uno scopritore di talenti, una persona impegnata nel sociale, addirittura, perché interessato a che le persone riempiano il suo locale quotidianamente, per parlare, leggere, discutere, imparare, prendere un caffè insieme, vivere.

N.B. In data 02/08/2020 Quora mi informa via email che la mia risposta è stata cancellata e non sarà ripristinata anche se apportassi delle modifiche alla stessa, perché mancano le fonti a suffragio della mia opinione. Sono rimasta sbalordita a dir poco, come se il NUOVO possa mai appoggiarsi sul vecchio, come se esistessero opinioni “certificate” (sempre di opinioni si tratta, anche fosse la voce del Papa o del Presidente degli States quella che si cita) da altre di nessun valore o, peggio, da censurare. Riporto qui di seguito la risposta che ho dato, ma credo proprio che Quora mi vedrà col contagocce da ora in poi, così si terrà in pancia risposte che sono un copia-incolla continuo dalla rete, e allora mi si spieghi qual è il valore aggiunto di un social che ha nel suo mandato l’essere copia-incolla di parole dette da altri, perché non lo capisco. Se così fosse, sarebbe una colossale perdita di tempo, al pari degli altri social.

Certamente, ma solo se cambi totalmente il modello di business che ha incastrato i librai ogni giorno di più in Italia negli ultimi decenni. Dico per punti cosa farei io se decidessi di aprire una libreria oggi in Italia, qualsiasi fosse la città:

  1. Prima di tutto, indipendentemente sono io e indipendente sarebbe la mia libreria. Significa che decido io e nessun altro quali libri mettere in vetrina e negli scaffali. “Ovvio!”, direbbero in tanti, ma solo perché non sanno che in realtà non è questo che succede normalmente: non è il libraio che decide a casa sua, ma altri.
  2. Aprendo una libreria indipendente, mi tolgo di torno le società di distribuzione che dominano il mercato dei libri in Italia all’interno di un gigantesco conflitto di interessi (la più importante di queste possiede anche il più grosso gruppo editoriale italiano) e di un oligopolio (leggi: casta) fuori dal mondo, per me, cioè insopportabile da vedere abbinato al mondo dei libri e della cultura in genere. Togliendomi di torno la casta che decide tutto per me – cosa devo comprare, cosa devo esporre in vetrina e negli scaffali, e per quanto tempo – perdo una piccola quota di commissioni in più, ma sono LIBERA, padrona del mio negozio e di esercitare il mio mandato nel modo migliore possibile.
  3. Dal punto 1 e dal punto 2 ne viene che sarò libera di non proporre più le barzellette di Totti ai miei lettori, né i libri dei personaggi famosi del mondo dello spettacolo che ci propongono la propria autobiografia come fossero tutti dei grandi statisti, né libri scritti da politici e giornalisti, perché è già troppo il tempo che hanno a disposizione per dire fesserie in tutti i media italiani. Non proporrò più ben l’80% dei libri che oggi affollano le librerie italiane. Basta fare un giro nelle grandi librerie e notare come i libri proposti siano sempre gli stessi, e sono sempre libri di nessuno o bassissimo valore, dove non conta più il libro moltissime volte, ma la fama di chi lo ha scritto. Serve solo essere un personaggio conosciuto, ed ecco che il libro finisce in vetrina, anche se il libro fosse solo una “parlata” trascritta su carta. I libri non devono essere questo, altrimenti nessuno più comprerà un libro se e quando assocerà i libri alla fuffa. Ecco che ho il mio negozio quasi totalmente vuoto, perché sono volontariamente uscita dal sistema marcio che è stato creato in Italia con riferimento alla cultura e ai libri in particolare. Che bello! Ora posso finalmente pensare a cosa proporre ai miei lettori.
  4. Creerei dei gruppi di lettura (veri e segreti al pubblico e agli scrittori) di parecchi lettori ciascuno, focalizzati ognuno su un genere letterario diverso (romance, fantasy, fantascienza, saggi, graphic novel, thriller, etc.). Gruppi di lettura sparsi in tutta Italia, via web, dove vige la massima segretezza. E che faccio con queste persone? Faccio che metto in piedi una grande task force di “scopritori di talenti”, di libri indipendenti e di grande valore, e saranno quelli a riempire la mia libreria. Io, il libraio, li scelgo ad uno ad uno e garantisco sulla qualità di ogni libro che vendo. Perché? Perché questo era il compito del libraio un tempo, quando davvero faceva il libraio: conosceva perfettamente la merce che esponeva e proponeva, che vendeva, e doveva essere tutta buona, perché doveva tirar su lo stipendio da quelle vendite.
  5. E i libri delle case editrici? Sono liberissimi di propormeli, ma decido io e non più loro se li esporrò o meno. Nessuno avrà mai il potere di farmi firmare un contratto che dice: “Qui dentro NON può essere esposto il libro di uno scrittore indipendente”. Perché questo? Perché un tempo le case editrici filtravano i libri di qualità ed erano garanti al posto dei librai, che andavano sul sicuro, ma oggi le case editrici sfornano per lo più capolavori tradotti da altre lingue, un 5% di libri buoni di scrittori italiani, e poi… e poi tutto il resto è fuffa che dura 15 giorni. Esattamente: 15 giorni è il tempo di vita media di un libro che raggiunge le librerie, il che è quantomeno folle, per me, e segno che ormai il business ragiona secondo le logiche della quantità e non più della qualità. Ecco, ribalto i ruoli e i giochi di potere: se una casa editrice vuol stare nella mia libreria, le regole le detto io, altrimenti lì c’è la porta e grazie.
  6. Vendo cosa, dunque? Vendo unicamente e solo libri di qualità, dei quali so parlarti, che so consigliarti, che sono stati accuratamente scelti da gruppi di lettura (lettori) indipendenti, senza alcun interesse sotto, ma che sanno giudicare una cosa bella e di valore da una che non merita l’appellativo di libro solo perché è un pacco di fogli scritti e rilegati. Posso fare ciò anche con libri auto-pubblicati in Amazon? Assolutamente sì, perché il vincolo di esclusiva si ha, al massimo, solo per l’ebook, ma non anche sul cartaceo (KDP Select).
  7. Ecco che chi entra nel mio negozio sa che è un negozio particolare, dove trova tutti “pezzi unici”, scelti rigorosamente ad uno ad uno. Non troverà ciò che troverà ovunque, e non troverà libri nuovi ogni 15 giorni, perché come ha detto Armani in questi giorni: “Siamo arrivati alla follia anche nel mondo dell’alta moda. Faccio vestiti che durano un mese al massimo nelle boutique, e poi devo obbligatoriamente ritirarli e sostituirli con altri, diversi. IOOO? Io che sono cresciuto con l’idea di creare abiti “senza tempo” per la loro bellezza? Mai più esporrò abiti estivi d’inverno e abiti invernali d’estate, agendo anch’io sulla leva del desiderio. Da ora in poi i miei abiti estivi saranno esposti in estate nelle boutique, e fino a Settembre. Questo ho imparato dal coronavirus e mai più agirò per come ho fatto finora”. Ecco, identico discorso vale per i libri e le librerie: lentezza! Piano piano introdurrò nuovi esemplari nella mia libreria, e se entrano… avranno un tempo di vita lunghissimo e giammai di 15 giorni. Se sono perle di rara bellezza, addirittura, resteranno per sempre esposte in negozio.
  8. Poi che faccio? Beh, all’interno faccio un sacco di eventi, metto la caffetteria e le postazioni internet per le ricerche di testi in tutte le biblioteche del mondo (digitali e non, via internet, appunto) per studiosi, ricercatori, scrittori e curiosi, creo i punti di incontro per gli artisti, come avviene negli Stati Uniti d’America. Che significa? Significa che i grafici presenteranno agli scrittori indipendenti le loro opere per collaborare (copertine, illustrazioni, creazione di graphic novels), ma ci saranno anche traduttori che offriranno i loro servizi di traduzione, scrittori ed editors, ma anche agenti letterari, se vorranno. Insomma: nella mia libreria creo la piazza di incontro fra tutte le figure del mondo letterario.

Mi fermo qui, avrai capito bene cosa intendo io per libreria e per “fare il libraio” oggi, soprattutto in Italia: creare un modello di business totalmente nuovo, o si è venditori, schiavi, di monnezza, decisa da altri, tra l’altro. Quei librai moriranno tutti, per definizione, ed è bene che succeda il più presto possibile. Perché è così che nasceranno spontaneamente i nuovi librai, che saranno come il libraio che ti ho descritto in questa mia risposta.

Giorgio Armani, la lettera al mondo della moda: “Io non voglio più lavorare così, è immorale. È tempo di togliere il superfluo e ridefinire i tempi” – Il Fatto Quotidiano