Costruire una scena

In *Articoli, Cavalier Hak, Timbro e firma by Hagar Lane

La scrittura, quando ha a che fare con la storia – che si parli di un romanzo storico o di un fantasy-storico poco importa – necessita di essere supportata da grandi studi, altrimenti l’inconscio del lettore, che è per sua natura onniscente, non si sentirà catapultato in un’altra epoca, lontana seicento, ottocento o mille anni dalla nostra, come accade in Cavalier Hak. Ricordo a tal proposito che tanto nel Libro Primo quanto nel Libro Secondo faccio convivere due epoche storiche insieme: nel Libro Primo l’Alto Medioevo e il Basso Medioevo, nel Libro Secondo il Basso Medioevo e il Rinascimento. Il motivo è che ritengo sia un modo, questo, molto potente per mostrare cosa cambia davvero nel passaggio da un’epoca storica all’altra.

In questo post prendo come esempio un capitolo del mio romanzo e mostro al lettore come dietro 3 pagine di scrittura possano celarsi enormi studi, e che non può essere altrimenti se si vuol scrivere un romanzo ambientato in un’epoca storica passata. Poiché il mio è un fantasy-storico e non un romanzo storico, la componente fantastica e quella storica s’intrecciano continuamente, anche nel Cap. 21 del Libro Secondo, da me preso ad esempio in questo post. Ecco, si possono selezionare decine di fonti storiche diverse, mescolarle insieme e trasformarle in un capitolo del proprio romanzo fantasy, che più fantasy non si può. In questo post mostro come ciò sia possibile, facendo un esempio concreto.

AVVISO: Il lettore percepirà molte frasi del capitolo come frutto della mia fantasia, ritenendole strane, buffe, inverosimili, e però quelle frasi sono le più vere di tutte, le più “storicamente vere”, diciamo così.

In questo capitolo Ortensio, funzionario di Hak, va ad incontrare Innocente, Capo della Congrega dei Giusti. Riporto qui di seguito il capitolo 21 e, subito dopo, parlerò degli studi che si celano dietro quel piccolo capitolo di sole 3 pagine.

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  1. Introdurre il cimitero non è stato facile. Ero certa che i cimiteri avessero subito delle modifiche nel passaggio dall’Alto al Basso Medioevo, perché l’intera organizzazione sociale era cambiata, ma non sapevo esattamente in che termini i cimiteri e i riti funebri fossero mutati. Ho impiegato moltissimi giorni prima di scoprire che nel Basso Medioevo i cimiteri si erano spostati dall’interno delle città (Alto Medioevo) all’esterno (Basso Medioevo).
  2. Per ricreare l’atmosfera della morte il più possibile ho dipinto il muro di separazione fra la città e il cimitero, con un famosissimo affresco dell’epoca tarda-medievale: La Danza Macabra.
  3. Il corteo funebre nel Basso Medioevo, da me inserito come scena iniziale del capitolo, è esattamente come dev’essere, nel senso che i cortei funebri nel Basso Medioevo avvenivano in quel modo, buffo o no che possa sembrare. Anche in questo caso non si contano i giorni passati a cercare nei testi la narrazione di un corteo funebre nel Basso Medioevo.
  4. La buffissima canzone “Quando c’eri… c’eri” cantata durante il corteo funebre, è una mia invenzione? Niente affatto! La canzone fa ridere, lo so, ma è vera, cioè si intonava davvero quel lamento tra le fila del corteo che accompagnava il feretro.
  5. Poiché ogni parola volevo ricalcasse il Medioevo, ecco che il defunto viene chiamato “dormiente”, che è una parola molto bella, a mio avviso, e densa di significato.
  6. A un lato della piazza, quella attraversata dal corteo funebre, ho messo dei friggitori. Ho fatto bene? Beh, sì, perché ho studiato come si viveva nelle piazze medievali, a tutte le ore del giorno e della notte e, soprattutto, nelle varie circostanze. C’erano davvero i friggitori ad affollare le piazze medievali, con i loro grandi pentoloni, le frittelle e le salsicce.
  7. Siamo ancora a metà della prima pagina del capitolo e vedete già quanti studi sono serviti per scrivere poche righe. Ortensio attende che il corteo funebre passi e poi si addentra nella piazza. Qui vede quattro uomini impalati. Perché li ho messi? Beh, perché a quel tempo – non tanto nell’Alto Medioevo, quanto nel Basso Medioevo e, ancor di più, nel Rinascimento – le esecuzioni erano all’ordine del giorno. Per capirci: è stato accertato che durante l’Inquisizione, la Chiesa Cattolica (non quella cristiana, giacché furono perseguitate anche molte altre religioni cristiane, diverse da quella cattolica) ha effettuato il più grande sterminio della storia dell’umanità. Questo sterminio, eccezion fatta per le crociate, è avvenuto lentamente, giorno dopo giorno, incessantemente e lungo il corso di parecchi secoli. Ecco che in piazza decido di mettere quattro uomini impalati, giacché le esecuzioni erano pubbliche e, pensate un po’, venivano chiamate “spettacoli”. Così le chiamo anch’io, allora: spettacoli. Inquietante? Curioso? Così è, però.
  8. Al centro, fra gli uomini impalati, introduco la figura del predicatore, Jacopo, che i più avranno riconosciuto essere Jacopo Passavanti. A costui faccio recitare Lo Specchio della vera penitenza, perché a me fa ridere quel testo ogni volta che lo leggo. Anche qui, all’interno del testo di Passavanti c’è una sottigliezza, che sottigliezza in realtà non è. È una cosa di tale importanza che non a caso richiamerò lo stesso concetto anche in un altro capitolo, ed esattamente alla fine del capitolo 25 del Libro Secondo. Mi sto riferendo al fatto che gli uomini erano chiamati “uomini”, mentre le donne non erano chiamate “donne”, ma “femmine”, ad indicare che l’umanità, per la Chiesa Cattolica del tempo, era fatta di due distinti livelli: quello basso, occupato dalle femmine, e quello alto, occupato dagli uomini. Richiamerò questo concetto in un altro punto del romanzo, ma anche quello relativo ai vermi (vedi cap. 16 del Libro Secondo), giacché la Chiesa Cattolica aveva una fissazione coi vermi, ai quali erano paragonati gli uomini e, ancor più, i figli degli uomini (De contemptu mundi di Lotario di Segni, poi divenuto papa col nome di Innocenzo III).
  9. Le esecuzioni che si leggono in questo capitolo erano quelle all’ordine del giorno ai tempi: squartamento, persone arse al rogo o impalate, e altre ancora messe alla gogna. Naturalmente ho dovuto studiare – cosa che mi ha sconvolto, nel vero senso della parola – quali fossero i reati per i quali ci si guadagnava la gogna piuttosto che il rogo o lo squartamento, finché in un documentario ho scovato la descrizione di un tipico caso di condanna alla gogna: quella inflitta ad un panettiere che cercava di fregare i propri clienti falsificando il peso del pane. La descrizione della gogna rispecchia esattamente come veniva eseguita ai tempi.
  10. Ed ecco che alla fine della seconda pagina giungiamo dinanzi al Banco delle Indulgenze. Molte persone ancora non sanno che i Papi, per rifocillare le casse da loro stessi vuotate a causa della vita dissoluta che conducevano, si inventarono la vendita delle indulgenze. In sostanza la Chiesa vendeva, anche a rate, sconti di pena post-mortem, riduzione di anni di sofferenze che si sarebbero dovuti scontare in purgatorio, scorciatoie per il paradiso, etc. La Chiesa si era arrogata il diritto/potere di decidere le sorti dell’uomo al posto di Dio, in sostanza, anche nell’aldilà e non solo in terra. E il bello è che tre quarti delle persone del mondo hanno creduto a questa mostruosità. Ecco che descrivo come avveniva davvero la vendita delle indulgenze, e lo so bene che appare ridicolo e assurdo, ma è ciò che avveniva davvero.
  11. La frase che faccio dire a voce alta al Giusto impegnato a vendere le indulgenze – “Quando le monete nello scrigno tintinneranno, le anime dal purgatorio al paradiso ascenderanno” – è vera? Assolutamente sì. Volevo una frase di rottura, al solito, buffa ma vera, incredibile e potente, che fissasse bene la scena della vendita delle indulgenze dentro il suo scenario folle. Tanto l’ho cercata finché l’ho trovata: quella è la frase detta da Johann Tetzel al tempo di Leone X.
  12. Volevo che fosse chiaro al lettore in che modo allucinante avvenisse la vendita delle indulgenze: cosa si richiedeva ai ricchi e ai poveri, indistintamente, e cosa si offriva loro in cambio di denaro, così ho descritto cosa si diceva alle persone che erano andate a comprare la lettera di remissione dei propri peccati. Ho inventato poco e niente al riguardo, nel senso che davvero i preti sparavano quelle fesserie in cambio di soldi, anche pagati in comode rate 😁
  13. Si arriva così all’entrata del castello della Congrega dei Giusti. Una delle due scritte che incido nel portale del castello l’ho presa dalla Cattedrale di Chartres, perché l’ho trovata inquietante e fortemente rappresentativa di quei tempi.

Ecco, questo è un esempio di cosa significhi per me “costruire una scena”. Ho mostrato cosa si cela dietro la scrittura di appena 3 pagine, perché tanto è lungo il capitolo 21 del Libro Secondo di Cavalier Hak. Se non avessi fatto così, capitolo dopo capitolo, non avrei potuto portare il lettore con me nel Medioevo e nel Rinascimento più credibili, da respirare e toccare con mano. Molti dei miei studi li ho linkati nella sezione “Materiale di Studio” presente in fondo al libro, ma tanti altri li ho lasciati volutamente in ombra, velati, sognando di svelarli in un audiolibro dove racconto, capitolo per capitolo, tutti i segreti di Cavalier Hak. Sono convinta che sarebbe un’opera gradita a tutti gli appassionati di storia, del Medioevo e del Rinascimento in particolare, ma anche a tutti coloro che si accingono a scrivere il loro primo romanzo, perché nell’audiolibro racconterei anche come l’ho scritto, pagina dopo pagina.